CONCILIAZIONE SINDACALE: LE REGOLE DA SEGUIRE PER NON AVERE RIMPIANTI
La conciliazione sindacale indica un procedimento attraverso il quale le parti, con l’assistenza del soggetto conciliatore, cercano di raggiungere la soluzione della controversia. Proprio la presenza di un terzo, il conciliatore designato dall’organizzazione sindacale di appartenenza del lavoratore.
E’ un accordo che ha ad oggetto una transazione economica che serve a concludere una lite fra lavoratore e datore di lavoro. Il lavoratore «rinuncia» a rivendicare un proprio diritto o una parte di esso in cambio di un risarcimento monetario.
Si definisce «rinuncia» una dichiarazione unilaterale con la quale un soggetto rinuncia a un diritto «certo determinato o determinabile». Le dichiarazioni liberatorie onnicomprensive come quelle che mettono in campo la «rinuncia a qualsiasi ulteriore rivendicazione connessa al pregresso rapporto di lavoro» non hanno alcun valore legale. Per tale motivo le formule di rinuncia devono indicare nel dettaglio tutte le voci per le quali il lavoratore si intende soddisfatto.
Qui il ruolo del sindacalista chiamato a fare da conciliatore diventa cruciale. Infatti, questi deve dare opportuna, concreta ed effettiva informazione ed assistenza del lavoratore. Ciò significa che il conciliatore si deve adoperare quantomeno per rendere il lavoratore cosciente di quanto andrà a stipulare, consigliandolo sulle convenienze e avvertendolo sugli effetti dispositivi prodotti, nonché sulla irreversibilità degli stessi.
Le rinunce inoltre non possono riguardare i contributi previdenziali in quanto i diritti previdenziali non sono nella disponibilità degli accordi fra i soggetti privati.
La conciliazione, quasi sempre, si estrinseca attraverso un contratto di transazione (ex art. 1965 del codice civile).
Gli accordi di conciliazione sono validi anche se non vengono depositati presso la Direzione Territoriale del Lavoro di competenza o presso la cancelleria del Tribunale. Il visto di autenticità della ITL e il decreto di esecutività del giudice sono infatti adempimenti successivi, il verbale sottoscritto è quello che realmente conta.
Le rinunce e le transazioni raggiunte in sede di conciliazione sindacale, ai sensi dell’articolo 2113 del codice civile, non sono impugnabili anche quando hanno per oggetto diritti del lavoratore «derivanti da norme inderogabili» in quanto l’intervento del sindacato è idoneo a superare la presunzione di condizionamento del consenso del lavoratore, garantendo allo stesso la consapevolezza dei diritti dismessi.
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