Stiamo vivendo una estate calda, forse meglio definirla torrida. Un’estate che ci sta evidenziando come si debba veramente fermarsi a riflettere su cosa si debba mettere in campo per contrastare i cambiamenti climatici che sono sempre più evidenti. Fino a poco tempo fa potevamo, erroneamente, pensare che si trattasse di argomenti e problematiche che non ci interessavano, che si trattasse soltanto di belle parole e falsi allarmismi. La stessa Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, emanata nel 2015 dalle Nazioni Unite, sembrava essere il solito testo di bei propositi a cui si poteva anche dare poco peso. Ma non è più così. Quella che stiamo vivendo è una vera e propria emergenza climatica continua. L’aumento delle temperature è oramai provato che sia conseguenza diretta dell’aumento delle emissioni di gas a effetto serra.

Gravissime sono le dirette e indirette conseguenze di questo fenomeno, conseguenze che incidono sulla biodiversità, sugli ecosistemi, sull’acqua. Ma anche sull’agricoltura e sugli allevamenti di bestiame, con le ricadute più in generale sulla produzione di cibo che sono sempre più visibili e intense e che comportano anche conseguenze economiche per la naturale conseguenza dell’aumento dei costi di produzione quindi di vendita. Spesso le aree del mondo meno responsabili per le emissioni di gas serra sono le più fragili, esposte ai maggiori rischi, colpite da fenomeni estremi e per una combinazione di ragioni economiche, sociali e istituzionali non in grado di reagire adeguatamente alla crisi climatica. Spetta principalmente agli Stati più ricchi ed evoluti farsi da subito carico di queste problematiche ed affrontarle finalmente in maniera seria e concertata, pensando realmente al futuro non solo della generazione corrente ma anche e soprattutto di quelle che verranno. Sentiamo spesso parlare di sviluppo sostenibile ma spesso non abbiamo ben chiaro che cosa significhi e cosa si debba fare per raggiungere questo obbiettivo. Per farlo vorrei ricordare quella che ritengo sia la più celebre delle definizioni di sviluppo sostenibile, ovvero lo sviluppo che soddisfa i bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Questa definizione la troviamo scritta per la prima volta nel 1987 all’interno del Rapporto Brundtland, chiamato così in onore del primo ministro olandese che ne coordinò la stesura e portò questo concetto all’attenzione della politica mondiale. Pensiamo a noi, ma pensiamo anche agli altri che verranno.

Leonardo Maiolica

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